Restò seduta su una di quelle sedie rivestite di tessuto, che spesso si trovano nelle anticamere dei medici, dei dentisti, degli avvocati e di tutti quei professionisti che prima di ricevere un cliente lo fanno aspettare per ore. Non aveva intenzione di andarsene presto, Stella. Sfilò dalla borsetta il cellulare ed iniziò a picchiettare sullo schermo a sfioramento in modo non propriamente delicato. Stava scrivendo a Luca: - Sono qui fuori, seduta. Non mi avevi detto che Adriana era una sventola bionda... e svenevole... -
Inviò queste due righe. Si sentiva pervasa da una strana corrente. Voleva restare là, se necessario anche fino a tarda sera. Lo avrebbe aspettato fino a qualsiasi ora. Non poteva più rinviare. In fondo sapeva che forse quello sarebbe stato l'ultimo incontro con Luca, ma preferiva non prolungare l'agonia. Era venerdì sera. Da lunedì Luca non si era fatto mai sentire e non aveva mai risposto ai suoi messaggi. Stella aveva pensato di passare da casa sua, ma le seccava dover essere filtrata da Massimo o da Mario, con i quali Luca divideva la casa. Da buon genovese, benché guadagnasse bene presso quello studio associato di geometri e portasse avanti anche dei lavori in autonomia, non si era voluto permettere un monolocale: diceva che sarebbe costato troppo e che a lui andava bene condividere un appartamento. Stella questa cosa non l'aveva mai capita e nemmeno accettata, ma aveva preferito non farglielo pesare. Sperava che un giorno le si presentasse con una proposta di convivenza. D'altronde, si frequentavano da due anni. Si frequentavano significava che andavano a letto insieme saltuariamente da due anni e che altrettanto saltuariamente da due anni andavano insieme a mangiare una pizza o al cinema. Luca non aveva mai voluto di più e lei mai l'aveva preteso. Di che cosa poteva rimproverarlo? E lei? Lei aveva le sue colpe. Non si era mai ribellata. Non si era mai imposta.
E ora? Ora gli avrebbe detto tutto, in un solo colpo, tutto d'un fiato, fosse pure cascato il mondo.
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