Un film tutto italiano, che vede alla regia un Giovanni Veronesi davvero in forma, direttore di un cast brillante e ben assemblato. La trama, tratta da una storia vera, racconta la vita di un uomo comune, Ernesto Marchetti - interpretato dallo straordinario Elio Germano - che ha il "difetto" dell'onestà. L'intera esistenza del protagonista ha come scenario un'Italia in divenire, alla continua ricerca della chiave per "svoltare": dagli anni Settanta, dal caso Moro, passando per la lunga parentesi democristiano-socialista e lo scandalo di Tangentopoli, fino ad arrivare agli anni Novanta, in cui il sorriso rassicurante di Silvio Berlusconi illude il popolo dello Stivale di avere "la soluzione", l'elisir di ricchezza e prosperità. In questo turbinio di avvicendamenti politici, scandali e scandaletti, Ernesto resta fedele a se stesso, anche a costo di sacrifici e continue frustrazioni, privazioni ed ingiustizie. Al suo fianco la compagna di una vita, la moglie Angelina, alla quale dà volto e cuore una bravissima Alessandra Mastronardi. Intorno a loro ruota una miriade di personaggi, ognuno dei quali racconta una sotto-storia, che si intreccia o si interseca con quella dei protagonisti. Tra essi, in primis, il migliore amico di Ernesto, Giacinto, che assume le sembianze di un Ricky Memphis ironico, scafato e sbruffone, sempre in cerca della ricchezza e del successo: proprio per inseguire il dio Denaro, Giacinto tradisce più volte la fiducia di Enesto, che dal canto suo non accetta l'idea che l'amico sia un opportunista avido e tenta sempre di giustificarlo. In realtà Giacinto vuole bene ad Ernesto, ma ne conosce l'ingenua integrità e a volte ne approfitta. I due sono diversi in tutto, come diverso è il loro approccio con le donne e con l'amore: Giacinto si lega a donne appariscenti, la cui età diminuisce laddove la sua aumenta, Ernesto, invece, è un romantico, un monogamo convinto ed innamorato. Ernesto, poi, da uomo semplice quale è, riesce a vedere il bello della vita e delle situazioni, la verità dell'arte, anche se più di una volta la sorte lo mette in ginocchio e lo costringe ad un'esistenza umile e sacrificata. Alla fine, egli capisce che non può e non deve trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella spasmodica ricerca dell'agiatezza, perché non è la ricchezza che fa la felicità: lui la felicità l'ha già trovata, pur essendo stato "l'ultima ruota del carro".
Grazie all'espressività, al talento ed alla professionalità degli attori, il film coinvolge, commuove e diverte, con la complicità di una sceneggiatura frizzante e mai banale.
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