venerdì 29 novembre 2013

5^ puntata. Un nuovo inizio (di Valentina Buono)


- Salve sig.na De Carolis. L'ho fatta venire perché volevo parlarle di persona del risultato delle sue analisi. Innanzi tutto ho escluso qualsiasi forma maligna a livello dell'apparato digerente e, fortunatamente, nel suo caso non si tratta nemmeno del morbo di Chron. Questa è un'ottima cosa. 
-Davvero, dott.ssa? Dice davvero? Lei non sa quanto sia felice di questa notizia! Dottoressa, lei davvero non può immaginarlo- gli occhi di Stella si riempirono di lacrime e le si annebbiò la vista, ma il suo viso era radioso come non lo era mai stato prima. 
- Sì, ma non è tutto. Una patologia è emersa ed è la celiachia. Nulla di irreparabile o letale. Lei, Stella, dovrà seguire una dieta ben precisa e senza trasgressioni. La dieta prevede l'esclusione del glutine, quindi, di tutti quegli alimenti che lo contengono. Se non rispetterà le mie indicazioni, andrà incontro alla possibilità concreta di contrarre un cancro intestinale oppure di diventare sterile. 
- Dottoressa, guardi, le assicuro che non ho alcuna intenzione di morire: ho ancora così tante cose da fare... e  mi piacerebbe avere almeno due figli... e poi, dottoressa, in quest'ultimo mese ho vissuto in una angoscia tale, che da oggi mi sento rinata: mi sembra che la vita voglia offrirmi una seconda possibilità... 
- Bene sig.na, sono felice per lei e le auguro di realizzare tutto ciò che desidera. Parliamo, però, della dieta. Lei deve escludere il pane, la pasta, tutti i prodotti da forno, i farinacei, i cereali. Tanto per cominciare. Potrà mangiare solo la pasta ed il pane specifici per i celiaci. Sarà dura. Ma lei deve esserlo di più. Le ho spiegato quali sarebbero a lungo termine le conseguenze di eventuali trasgressioni, per non parlare delle coliche e dei dolori lancinanti all'addome, che ha già avuto modo di sperimentare. Sarà, però, una dieta che apporterà al suo organismo tutti i nutrienti necessari. Lei deve riprendere peso: la celiachia non ha permesso al suo intestino di assorbire le sostanze nutritive come avrebbe dovuto. 
- Sì, dottoressa, è vero. Da giugno sono dimagrita di 7 Kg. I vestiti mi stanno larghissimi: non sembrano i miei. 
- Stia tranquilla: la rimetterò in sesto. Ci vuole solo pazienza. E tanta, tanta perseveranza. Ma lei mi sembra una che sa il fatto suo. 
La dottoressa Pincherlo era una donna concreta. Si capiva subito. Portava i capelli corti, dietro le orecchie. Era un taglio svelto, veloce da asciugare. La dottoressa non si truccava. L'unico vezzo che si concedeva era un velo di mascara sulle ciglia. Aveva gli occhi castani, grandi. Il viso acqua e sapone era segnato sulla fronte e agli angoli della bocca. Non sembrava una, la Pincherlo, che la sera passava mezz'ora in bagno a farsi la maschera e a spalmarsi la crema antirughe. No. Non sembrava proprio quel genere di donna. Sotto il camice bianco e ben stirato, si intravedeva un pullover con scollo a V, marrone, da cui spuntava il colletto compito di una polo bianca; portava un paio di jeans slavati e dei polacchini Clarks marroni. Una donna concreta. Stella si fidava di lei. La concretezza delle sue parole le piaceva e le piaceva la sincerità del suo sguardo. Stella si fidava della Pincherlo e del suo pullover marrone. Le ricordava quello di sua madre.

giovedì 28 novembre 2013

4^ puntata. Sia lodato WhatsApp (di Valentina Buono)

Ore 15,10. Il danno era minimo: solo dieci minuti di ritardo. Stella aveva fatto le scale a due a due ed era entrata nella sala di attesa dello studio medico con il fiatone. Se non avesse dovuto fare tre volte il giro dell'isolato prima di trovare uno straccio di parcheggio, forse sarebbe arrivata in orario. Non era colpa sua, si ripeteva. La sfortuna, sempre lei, ci metteva lo zampino e le faceva fare tardi. Sì,  era così. Lei, in fondo, si era avviata per tempo, no? 
Una signora sui cinquanta, sentendola entrare, aveva sollevato gli occhietti grigi da una rivista e li aveva riabbassati subito, senza che Stella riuscisse ad accennare un saluto.
- Buonasera. Sta aspettando la dott.ssa Pincherlo oppure il dott. Pizzoli?- disse Stella, facendo la faccia tosta.
- La dott.ssa Pincherlo, ma è in ritardo - rispose la donna dagli occhietti grigi e sfuggenti. Stella realizzò, dunque, che il suo ritardo non aveva causato conseguenze irreparabili e la sua immagine di donna educata era salva. Si sedette. Tirò fuori dalla maxi-bag il cellulare, un Samsung S3, uno di quegli apparecchi che può fare pure il caffè, se sei capace di usarlo. Toccò lo schermo in corrispondenza dell'icona di WhatsApp e iniziò a chattare con Gianna. Questa applicazione di messaggeria era una bomba, una cosa troppo figa! Eh, sì, perché in tempo reale Stella riusciva ad inviare messaggi a tutti i suoi contatti telefonici, o meglio, a tutti quelli che avevano installato l'applicazione. Ma la cosa più fantastica - almeno per Stella - era poter usufruire di una centinaia di emoticon differenti, che coprivano la gran parte delle espressioni, della mimica e degli stati d'animo umani. Figo, no? Altro che Messenger o Twitter. Facebook ultimamente aveva copiato gli emoticon di WhatsApp. Che marpione quel Zuckerberg, pensò Stella sorridendo. Meglio messaggiare, certo, piuttosto che leggere di Maria De Filippi e delle vicende del circo di "Uomini e Donne". Stella riteneva quei programmi un'offesa all'intelligenza. 
Ore 15,30. La segretaria fa entrare la cinquantenne, che dovette chiudere la rivista a malincuore sul più bello, proprio su quel pezzo di letteratura riguardante l'ultimo flirt di George Clooney. Peccato!
- E, beh, signora mia, le tocca!!! Vada, vada!!! Tanto George, pure se fosse libero, non starebbe certo a pensare a lei! Si fidi- pensò Stella e sorrise di nuovo, da sola. Non le succedeva da un po', di sorridere. 
Tutta questa storia. Maledizione. Quando era iniziata se lo ricordava bene. Non sapeva, però, quando e se sarebbe finita. E questo la spaventava. Tanto. Troppo. 
Ore 16,00. La segretaria fece capolino e disse con voce squillante: 
- Sig.na De Carolis, può entrare. La dott.ssa la sta aspettando.
- Sì, arrivo. Grazie.
Stella afferrò la borsa, fece un respiro profondo ed entrò. Come se si stesse per buttare da un dirupo, giù in mare, come se fosse una scommessa buttarsi giù. E se ad attenderla, invece delle onde, ci fosse stato uno scoglio appuntito?

3^ puntata. In punta di lancette (di Valentina Buono)

Erano le 14,15. La dottoressa le aveva dato appuntamento per le 15,00. Doveva sbrigarsi, Stella. Non voleva sbrigarsi, Stella. No. Perché, perché andare da un medico? Lei odiava i medici e l'odore forte e aspro del disinfettante, il neon bianco di quegli studi, di quegli ambulatori, odiava aspettare insieme a gente che aspettava e che fingeva una quiete snervante fissando le pagine di una rivista qualsiasi: sì, Raul Bova si stava separando dalla moglie, Belen Rodriguez e Stefano Di Martino si godevano la loro felicità domestica e Rihanna sfoggiava un nuovo taglio di capelli. Tutto interessantissimo. Ma chi se ne fregava di Belen e Raul Bova, benché quest'ultimo non fosse niente male... Stella afferrò la maxi bag e le chiavi della sua Panda e scese di corsa per le scale. Aprì la portiera e notò che cigolava: avrebbe dovuto farla controllare dal meccanico. Avrebbe dovuto, sì. Mise in moto e partì, con un bel singhiozzare: eh, già! aveva dimenticato di togliere il freno a mano. Lei inseriva sempre il freno a mano. Così le avevano insegnato a fare quando aveva preso il foglio rosa e così continuava a fare. Non le piacevano i cambiamenti. Ecco il primo semaforo rosso: cominciava bene. Erano le 14,30. Lo studio della Pincherlo era dall'altra parte della città. A Stella non piaceva avviarsi con troppo anticipo. Le sembrava di sprecare tempo. Tuttavia era sempre con l'acqua alla gola e, in fondo, ci era abituata, le andava bene avvertire sempre una certa pressione, anche per le piccole cose: la faceva sentire viva. Verde. Prima, partenza, seconda ed un pedone ritardatario  si era buttato sulle strisce: frenata, partenza e di nuovo in seconda. Sarebbe arrivata in tempo. Aveva calcolato bene. Era tutto sotto controllo. Non sarebbe stato educato far ritardo. Non sarebbe stato rispettoso fare ritardo. Stella questo lo sapeva. Le era stato insegnato e, dunque, lo sapeva. Ma, allora, perché era di nuovo, per l'ennesima volta, in ritardo? 

2^ puntata. Doccia calda e margherite (di Valentina Buono)

A Stella era sempre piaciuto restare a lungo sotto il getto caldo e rassicurante della doccia: il vapore, i vetri appannati e il massaggio dell'acqua la rilassavano, creando una specie di schermo protettivo contro il mondo esterno. Quel giorno avrebbe voluto restare per sempre lì, sotto il getto di acqua scrosciante, incessante. Incessanti erano anche i suoi pensieri. Le affollavano la mente e le era impossibile lasciarli andare. Di solito, sotto la doccia Stella pensava, elaborava e, non di rado, le venivano delle belle idee. Allora no, nessun'idea brillante, solo un pensiero opprimente, unico, martellante; i muscoli dell'addome erano tesi e sentiva una pressione insolita all'altezza dello sterno. Decise. Chiuse il miscelatore dell'acqua. Aprì il pannello di vetro smerigliato ed afferrò con foga l'accappatoio giallo. Sì, giallo, perché il giallo le era sempre piaciuto: le ricordava il sole e il colore di quelle margherite esili e graziose che ricoprono i prati d'estate e che, seppur delicate, sono forti e resistenti: stanno là e crescono verso il sole, felici di potere osservare il cielo intenso dell'estate, in cui le nuvole sono solo un ricordo. Come sarebbe piaciuto a Stella, quel pomeriggio, fare una corsa in un prato di margherite gialle... e invece no. Era novembre e le margherite a novembre non ci sono e i prati, a novembre, sono coperti di fredda brina. E no, nemmeno il cielo è di quell'azzurro intenso ed inconfondibile. No, proprio no. Di novembre il cielo è grigio e spesso piove. Si sarebbe dovuta aspettare la prossima estate. E Stella pensava che non avrebbe fatto in tempo.

mercoledì 27 novembre 2013

Racconto a puntate. Una stella tra tante. 1^ puntata. Un mattino di novembre (di Valentina Buono)

Guardava dalla finestra. Il cielo grigio era delineato in basso dai profili frastagliati delle case, delle colline lontane e immobili. Fumo, nebbia. Una giornata di novembre, chissà… chissà cosa sarebbe successo. Attendeva, attendeva ancora, da molto, troppo tempo.  
Ed ecco il trillo del telefono. Penetrante, acuto. Si girò, di scatto, percorsa da una specie di corrente elettrica, convulsa. Con un balzo raggiunse il telefono e aprì la comunicazione:
-Pronto?
- La sig.na Stella De Carolis?
- Sì, sono io, con chi parlo? – la voce le uscì stridula, dura.

- Sono la dottoressa Pincherlo. Signorina, dovrebbe venire oggi, alle 15,00, nel mio studio. C’è una cosa che devo dirle, ma, no, non per telefono – queste parole risuonarono come un colpo d’ascia, in quel mattino anonimo e informe, in cui la nebbia non voleva proprio lasciare il posto al sole. Non ancora.

Valentina Buono recensisce "L'ultima ruota del carro"

Un film tutto italiano, che vede alla regia un Giovanni Veronesi davvero in forma, direttore di un cast brillante e ben assemblato. La trama, tratta da una storia vera, racconta la vita di un uomo comune, Ernesto Marchetti - interpretato dallo straordinario Elio Germano - che ha il "difetto" dell'onestà. L'intera esistenza del protagonista ha come scenario un'Italia in divenire, alla continua ricerca della chiave per "svoltare": dagli anni Settanta, dal caso Moro, passando per la lunga parentesi democristiano-socialista e lo scandalo di Tangentopoli, fino ad arrivare agli anni Novanta, in cui il  sorriso rassicurante di Silvio Berlusconi illude il popolo dello Stivale di avere "la soluzione", l'elisir di ricchezza e prosperità. In questo turbinio di avvicendamenti politici, scandali e scandaletti,  Ernesto resta fedele a se stesso, anche a costo di sacrifici e continue frustrazioni, privazioni ed ingiustizie. Al suo fianco la compagna di una vita, la moglie Angelina, alla quale dà volto e cuore una bravissima Alessandra Mastronardi. Intorno a loro ruota una miriade di personaggi, ognuno dei quali racconta una sotto-storia, che si intreccia o si interseca con quella dei protagonisti. Tra essi, in primis, il migliore amico di Ernesto, Giacinto, che assume le sembianze di un Ricky Memphis ironico, scafato e sbruffone, sempre in cerca della ricchezza e del successo: proprio per inseguire il dio Denaro, Giacinto tradisce più volte la fiducia di Enesto, che dal canto suo non accetta l'idea che l'amico sia un opportunista avido e tenta sempre di giustificarlo. In realtà Giacinto vuole bene ad Ernesto, ma ne conosce l'ingenua integrità e a volte ne approfitta. I due sono diversi in tutto, come diverso è il loro approccio con le donne e con l'amore: Giacinto si lega a donne appariscenti, la cui età diminuisce laddove la sua aumenta, Ernesto, invece, è un romantico, un monogamo convinto ed innamorato. Ernesto, poi, da uomo semplice quale è, riesce a vedere il bello della vita e delle situazioni, la verità dell'arte, anche se più di una volta la sorte lo mette in ginocchio e lo costringe ad un'esistenza umile e sacrificata. Alla fine, egli capisce che non può e non deve trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella spasmodica ricerca dell'agiatezza, perché non è la ricchezza che fa la felicità: lui la felicità l'ha già trovata, pur essendo stato "l'ultima ruota del carro".
Grazie all'espressività, al talento ed alla professionalità degli attori, il film coinvolge, commuove e diverte,  con la complicità di una sceneggiatura frizzante e mai banale.    

venerdì 15 novembre 2013

Donne che si truccano ovunque!!!

 Stamattina in treno ho assistito ad una scena gustosissima: due donne - e dico due - sedute più o meno vicino a me, intente a truccarsi noncuranti dei sussulti del treno sulle rotaie e degli sguardi dei compagni di viaggio, tra cui il mio, che riconosco essere davvero poco discreto! Quanta maestria nell'applicare sulle palpebre gli ombretti in polvere! Una delle due possedeva in un beauty case una batteria di pennelli di grandezza e forma tra le più disparate, quasi dovesse approntare un professional make up :-) e dunque giù con il mascara di ben due tipi differenti : l'uno per le ciglia superiori, l'altro per quelle inferiori, dotato di un pettine di precisione! Mica roba terra terra!!! Veloce la signora si pettina e  si colora le ciglia, con un'abilità incredibile. Lo specchietto in una mano e nell'altra gli arnesi da trucco: non sbaglia una mossa! Prima che il treno arrivi alla sua fermata ha già completato l'opera e le è venuta anche abbastanza bene. Sempre con il mio sguardo fugace e per nulla insistente, noto che, però, la riga dell'eye liner è un po' tortuosa, come una strada di montagna...vabbé, ma è già un ottimo risultato per averlo fatto in treno e con una sola mano, non credete? Io ne sono piacevolmente stupita. E poi non si è nemmeno resa orba: ci pensate? Un uomo al suo posto si sarebbe accecato completamente, modello Polifemo! Noi donne siamo proprio di un'altra pasta, inutile!
Quell'altra, che rispetto alla signora dai cento pennelli ha dalla sua un maggiore tempo di percorrenza, può optare per un trucco più raffinato e inizia a farsi lo smoky agli occhi! Tanto di cappello! Un uomo al suo posto sarebbe diventato un panda :-))) E dai, uomini che state leggendo il post, non ve la prendete... è solo la verità! Noi donne siamo multi-tasking!!! Voi uomini solo mono! Rassegnatevi. Punto. E niente polemiche: l'ultima parola è nostra ;-)